
Se l’attività lavorativa retribuita, storicamente, è sempre stata tipicamente maschile, oggi l’evoluzione del mercato ha portato un maggior numero di donne nel mondo del lavoro.
La domanda sorge quindi spontanea: alle donne lavoratrici sono garantiti i medesimi diritti, stipendi e possibilità di carriera che vengono assicurati ad un uomo?
Le aziende virtuose sicuramente non hanno esitato nel rispondere positivamente, ma purtroppo ciò non vale per tutte le realtà economiche. Il che va a discapito non solo delle lavoratrici, che a parità di competenze e titoli di studio vengono meno retribuite e hanno meno possibilità di crescere professionalmente, ma anche, e soprattutto, dell’azienda per cui lavorano.
Ebbene sì, la novità è proprio questa, l’azienda non risparmia e non ha alcun’altra forma di guadagno se non garantisce la parità di genere.
La legge 162/2021 definisce che le aziende con più di 50 dipendenti sono “tenute a redigere un rapporto ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta”, mentre le società con meno di 50 dipendenti possono adeguarsi volontariamente.
Tale rendicontazione deve essere effettuata esclusivamente in forma telematica attraverso la compilazione del modello pubblicato nel sito istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (https://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/rapporto-periodico-situazione-personale/Pagine/default.aspx).
Il Decreto Legislativo prevede che qualora un’azienda non adempia entro la scadenza prevista (30 settembre 2022 per il biennio 2020 -2021), la Direzione Regionale del lavoro può comunicare alla singola azienda una proroga di 60 giorni, trascorsi i quali, in mancanza dei suddetti report, la società sarà sottoposta ad una sanzione amministrativa compresa tra un minimo di € 103,29 e un massimo del € 516,46. Nel caso in cui l’inottemperanza si protragga per oltre 12 mesi la sanzione si trasforma in sospensione per un anno dai benefici contributivi di cui gode l’azienda.
I rapporti inoltrati vengono verificati dall’Ispettorato del lavoro, il quale ha la facoltà di riconoscere sanzioni pecuniarie da 1.000 a 5.000 euro nel caso in cui riscontri che quanto trasmesso sia incompleto o mendace.
Per facilitare e favorire gli adempimenti appena citati il decreto all’articolo 46 bis istituisce la certificazione della parità di genere, quale strumento idoneo ad attestare le politiche e le misure concretamente adottate dai datori di lavoro, definendone:
Parametri minimi per il conseguimento;
Modalità di acquisizione e monitoraggio dei dati;
Modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e dei consiglieri di parità regionali e delle città metropolitane;
Forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.
Ottenere tale certificazione consente alle Organizzazioni di ricevere dei riconoscimenti economici:
Essere esonerati dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro nel limite di 50.000 euro determinato in misura non superiore all’1% mensile;
Ricevere un punteggio premiante in sede di bandi di gara o finanziamenti pubblici.
Al fine di essere certi di raggiungere questo importante tassello nel puzzle dell’inclusività sociale le aziende possono scegliere di certificarsi secondo la Prassi di Riferimento UNI 125:2022, introdotta dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza e destinata a definire le linee guida da applicare per avere un sistema di gestione per la parità di genere efficace.
Ciò permetterà di:
Monitorare gli indicatori necessari alla rendicontazione e alla valutazione dei dati riguardanti le questioni di genere;
Individuare eventuali lacune da colmare;
Orientarsi verso il miglioramento;
Consolidare un orientamento sostenibile nel tempo.
Nascondere la rilevanza di tale tematica, ai giorni nostri, rappresenta la volontà di mantenere in auge un sistema ormai ossidato che non rappresenta la società moderna e che è destinato inevitabilmente a tramutarsi in un rischio per l’impresa. Al contrario attestare il proprio impegno sociale nel riconoscimento del valore femminile all’interno del mercato del lavoro permette alle società di avere un biglietto da visita di merito fondato su una gestione aziendale in cui etica e vantaggio economico convivono nel connubio del benessere aziendale e della parità di genere.
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